Quali sono i Paesi in cui Facebook registra il più alto tasso percentuale di introiti e quali quelli in cui è maggiore il numero di utenti attivi mensilmente.
Qualche tempo fa ho scritto un articolo riguardo alla classifica dei social media più utilizzati a livello globale, aggiornato a Settembre 2016. Da tale elenco, con oltre 1.7 miliardi di utenti attivi, si evinceva come Facebook fosse ancora il social network più conosciuto, un colosso in continua crescita che, calato all’interno dell’ecosistema ideato dal suo fondatore e i suoi collaboratori, punta a occupare una posizione sempre più monopolistica nel panorama della Rete.
Ma da dove arrivano i guadagni della società di Palo Alto?
Analizzando i dati forniti dallo stesso Facebook, riferiti al terzo trimestre del 2016 (Luglio – Settembre) e che prendono in considerazione le quote di mercato relative a Guadagni (Turnover) e Utenti Attivi Mensili (Monthly Active Users), ciò che emerge è davvero in inatteso. Nonostante Facebook abbia oltre il 50% di introiti registrati nelle regioni del Nord America, la percentuale di utenti attivi è nettamente più bassa (13%). Segno che gli utenti statunitensi e canadesi iniziano a migrare verso altre piattaforme (Snapchat, tra le altre), anche se il giro di affari, in quanto ad advertising, viaggia a ritmi elevati (potremmo dire che ci sono 5 transazioni per ogni utente attivo). Il dato forse più interessante arriva dall’Asia, dove, nonostante la concorrenza di altre realtà locali (Tencent), il numero di utenti attivi (35%) è circa tre volte quello registrato in casa propria.
L’Europa si dimostra invece una Terra Promessa per chiunque voglia investire senza particolari sorprese (sarà anche perché spesso, i big della Web Economy non sono costretti a versare neanche 1 Euro di tasse e quindi nessun segno “meno” sul bilancio alla voce “uscite”?), con percentuali pressoché allineate tra guadagni (23%) e utenti attivi (19%).
Sono solo segnali, nessuno penserebbe mai che Facebook possa subire delle flessioni talmente negative da decidere di diminuire la propria presenza in alcuni mercati, ciononostante casi come MySpace, Friendster e più recentemente Twitter (che ha annunciato un piano di riorganizzazione con la chiusura della sede italiana) dovrebbero mettere in guardia chiunque, perché l’aura di onnipotenza che conferisce l’assidua “frequentazione” da parte del popolo della Rete può essere fuorviante e volubile e presto tali “adepti” potrebbero votarsi all’adulazione di “nuovi idoli”.
Ricordate, anche l’Impero Romano è caduto…
Tommaso Lippiello